Fare causa ad un provider, che sia Amazon, eBay, Alibaba, AliExpress o altro, è sempre legittimo?
Giovedì 13 Gennaio 2022
autore: Studio Legale MASSA
Tra le segnalazioni e le richieste di
consulenza che riceviamo
quotidianamente, pubblichiamo a seguire
il quesito posto da un imprenditore del
settore hi-tech. Il contenuto è
stato volutamente modificato per
tutelare la riservatezza
dell’interessato. La risposta
è volutamente generalista a
fronte di un quesito di egual tenore.
"Spett.le Studio Legale
Massa, mi chiamo
[…omissis…] e sono
titolare di […omissis…],
la nostra azienda distribuisce articoli
tecnologici e di punta, li importiamo
principalmente da Singapore, ma negli
ultimi anni abbiamo lanciato anche una
nostra linea di prodotti ribrandizzati e
li vendiamo attraverso le varie
piattaforme, tra cui
Amazon e
EBAY e grazie a questi
ci stiamo espandendo anche sui mercati
esteri. Purtroppo a seguito di
verifiche e presumo segnalazioni di
qualche competitor, abbiamo ricevuto lo
scorso mese la sospensione
dell’account su Amazon per
violazione dei termini contrattuali e
del design. Alcuni degli ASIN
associati ai nostri articoli
non risulterebbero dotati di regolare
licenza. Riconosco la poca chiarezza
contrattuale dei nostri fornitori
asiatici, ma sono abbastanza sicuro che
non trattiamo prodotti contraffatti.
Come puo’ capire un tale blocco ci
impedisce di lavorare regolarmente e sta
avendo anche pesanti ripercussioni sul
fatturato, con molta merce ferma nei
nostri mgazzini. Cosa possiamo fare?
Conviene contestare la decisione di
Amazon? Possiamo fare causa? O conviene
agire verso i nostri fornitori a
Singapore? Grazie. Luigi
[…omissis…]"
Segue la replica del nostro Studio:
Gentile Luigi, premesso
che per contestare la decisione di un
qualsiasi provider, e
tanto più avviare un
contenzioso, è
fondamentale quanto meno vagliare:
I) i termini contrattuali dello
stesso; II) le comunicazioni
ricevute dal provider e/o da terzi;
III) le violazioni contestate dal
provider e/o da terzi; senza
tralasciare una verifica di tutti gli
articoli in vendita, le privative
collegate e i soggetti titolari.
Alla luce di una disamina di
tali profili e della condotta tenuta
dall’utente sulla piattaforma
(rivenditore o produttore che sia),
è possibile poi definire la
fondatezza o meno delle proprie pretese
e ragioni, e valutare il da farsi.
Non ha senso infatti additare
direttamente il provider (nel caso di
specie Amazon) senza
aver prima focalizzato la dinamica degli
eventi. Senza contare che alcuni
violazioni possono coinvolgere in modo
trasversale anche più accounts,
più piattaforme (si pensi ai vari
portali nazionali di Amazon) ma anche
più e-marketplaces (quando una
violazione viene perpetrata
parallelamente anche su
eBay o su
Alibaba,
AliExpress,
Wish, ecc.).
Cosa fare quindi e come
è meglio muoversi?
Innanzitutto,
ogni ipotesi di limitazione di un
account (che sia sospensione o chiusura)
è a sé e va pertanto
valutata a sé. Qualora, come
nel caso in oggetto, la limitazione
dell’account derivi da una
presunta violazione dei diritti
di privativa intellettuale (e
industriale, es.
design,
marchio,
brevetto di terzi ecc.)
è bene richiedere al provider
maggiori dettagli sull’origine
della contestazione e i soggetti terzi
coinvolti. Il supporto di un
avvocato nel predisporre i "piani
d’azione" non è necessario,
ma lo diventa presto se la materia o le
contestazioni sono particolarmente
tecniche e soprattutto se il danno
è ingente, il tipo di violazione
impedisce totalmente di vendere sulla
piattaforma o comporta il blocco di
fondi.
Qualora il contesto sia
circoscritto alla sola Amazon, è
bene focalizzare l’attenzione in
primis sul testo del
"Contratto di Business
Solutions di Amazon Services
Europe" e tutte le sezioni
ad esso collegate, e in secundis
ripercorrere i vari passaggi (anche
interni alla propria catena di vendita)
che hanno portato all’inadempienza
contrattuale contestata e conseguente
limitazione o chiusura
dell’account. Certamente il
provider resta il canale privilegiato
verso cui muoversi, ma vi sono ipotesi
in cui un’azione più
efficace la si ottiene entrando in
contatto con terzi soggetti e
successivamente con il
provider: si pensi al
terzo produttore che
segnala ad Amazon di
aver subito una violazione dei
diritti di privativa a seguito
delle vendite incriminate, o
all’acquirente che lamenta
l’originalità di un
prodotto. Informazioni, quelle relative
a questi ultimi soggetti, che purtroppo
non sono scontatamente messi a
disposizione da un
provider o che, anche
se forniti, non permettono poi di
chiudere scontatamente e bonariamente la
problematica. Qualora i "piani
d’azione" proposti ad Amazon non
sortiscano l’effetto sperato,
vi sono altre strade ancora
percorribili prima di avviare
un’azione legale, per
quanto la scelta di quest’ultima
debba sempre essere ponderata caso per
caso. Questo perché, al di
là dei profili processuali
strettamente connessi con la
giurisdizione competente, il provider
non è sempre e comunque il
responsabile di un problema con un
account e il libero utilizzo della sua
piattaforma. E certe condotte vanno
anche ponderate alla luce del diritto
internazionale e della legge
applicabile. Talvolta, inoltre, sono gli
stessi utenti (venditori o acquirenti)
dell’e-marketplace o i terzi
produttori/distributori che riforniscono
questi ultimi, a violare effettivamente
e gravemente le regole della
piattaforma, vuoi anche solo per
negligenza o per leggerezza. E in alcuni
casi le violazioni sono tali da
sconsigliare qualsiasi iniziativa legale
o di indirizzarla "di rivalsa" solo
verso i produttori /
distributori posti a
monte della catena di vendita.
Un consiglio che mi permetto di dare
sempre e comunque da
avvocato a chi dovesse
subire una limitazione
dell’account, che si tratti di
Amazon, ma anche dei
providers di e-commerce e di servizi
più disparati, da
eBay a
PayPal, passando per
Alibaba,
AliExpress,
Etsy, Mercado
Libre, Stripe
ecc. è di non pasticciare mai con
i propri errori e tentare escamotages
che lasciano il tempo che trovano.
Su tutti, quello ahimé classico,
di aprire un nuovo
account dopo la limitazione del
primo, magari usando dati di terzi per
nascondere la propria identità.
Una soluzione illusoria che si scontra
nel giro di poche ore (o, se si è
fortunati, dopo qualche settimana) con i
controlli incrociati fatti da
software e spiders
della piattaforma, con
l’inevitabile conseguenza non solo
di veder limitato anche il nuovo
account, ma soprattutto di
rovesciare giuridicamente la propria
posizione, passando da "vittima" di una
presunta violazione ad "autore" di
un’altra.
Avv. Rocco Gianluca
Massa
Nota
importante per chi necessita di
assistenza legale: Ricordiamo ai
lettori che il nostro Studio
Legale non fornisce
assolutamente consulenze e servizi
legali a titolo gratuito. Nel
commercio elettronico e
nella contrattazione
internazionale ogni caso
è a sé e una disamina
legale seria e circostanziata, passa e
deve passare necessariamente per la
raccolta e il vaglio di documenti,
eventi e fatti che hanno accompagnato la
singola problematica. Pretendere che
questioni di una tale caratura siano
affrontate a titolo gratuito è
sinonimo di superficialità del
professionista e di incoscienza del
cliente.
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