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Lite tra web agency e cliente: sfatiamo qualche luogo comune

Mercoledì 21 Giugno 2023
autore: Studio Legale Massa
Lite tra web agency e cliente: sfatiamo qualche luogo comune
Quando ci si affaccia al mondo del Web e alle sue mille potenzialità, uno dei profili che probabilmente viene più sottovalutato da chi intende espandersi in Rete, è quello relativo alla ricerca dei servizi online e del soggetto a cui affidarsi.

Che si decida di vendere su Internet beni o servizi o anche solo di promuovere la propria immagine o finanche il proprio corpo, le insidie sono tante, complici sicuramente le mille inserzioni che spuntano un po’ ovunque. E così, chi desidera ad esempio vendere una qualsiasi cosa sul Web per la prima volta, non ha che da digitare il nome del prodotto o servizio che intende offrire e  scegliere tra le tante offerte pubblicizzate, a partire dai comuni motori di ricerca. Soluzioni spesso "low cost" ma anche rischiose o volutamente carenti sotto il profilo contrattuale.

Sia chiaro, il comparto delle compravendite online è ormai a dir poco vasto e oggi l’imprenditorialità è praticamente a portata di mouse: già iscrivendosi ad una piattaforma social è possibile aderire a servizi accessori per promuovere, rivendere e guadagnare. Ma un incentivo non indifferente arriva poi dagli e-marketplaces più blasonati come Amazon, eBay o Aliexpress, e ai relativi servizi di promozione e logistica "massiva" avanzata.

A prescindere da come si decida di organizzare il proprio business, sono però ancora numerose le realtà che decidono di muoversi autonomamente, ossia di offrire prodotti e servizi attraverso un proprio sito Internet, puntando sul supporto di agenzie e società specializzate nell’erogazione di servizi di e-commerce e marketing digitale.

Proponiamo in questa sede una richiesta pervenuta da un cliente dello studio, relativa ad una problematica in corso proprio con un fornitore di tali servizi. L’ambito è quello classico: web agency da un lato e cliente aziendale, interessato alla promozione dei propri servizi su Internet, dall’altro.

Il contenuto del post è stato volutamente modificato per tutelare la riservatezza di tutti i soggetti interessati, e la risposta che viene fornita è volutamente generalista a fronte di un quesito di egual tenore.
 

"Buona sera avv. Massa,
mi chiamo Giorgio […omissis…] e con mia moglie ci occupiamo della promozione del brand e degli eventi di alcune importanti agenzie di moda. Abbiamo un sito che raccoglie oltre 5000 visitatori unici al giorno, oltre a profili e canali social collegati con altri partners. Tutta la parte di internet fino a oggi e’ stato curata da una società che offre da anni servizi per internet, non faccio il nome ma tra le aziende del settore e’ abbastanza conosciuta.
Purtroppo a causa di un contratto di fatto mai firmato, abbiamo aderito a un pacchetto inziale circa 10 anni fa, ma i rapporti si sono ormai deteriorati con il responsabile e dopo avergli comunicato di voler chiudere il rapporto, abbiamo capito di avergli dato fin troppa fiducia. Ora di fronte a richieste economiche sempre più esose e alle nostre contestazioni ha minacciato più volte di chiuderci il sito e tutto quanto collegato, di trattenersi anche foto di modelli e modelle e oltre 2000 immagini, solo perche’ hanno avuto cura di adattare e inserirle nei nostri spazi.
Avvocato purtroppo la fiducia data nel tempo ha portato questi signori ad agire per conto nostro con la massima libertà, temiamo che dominio del sito e tante altre cose se le siano intestate furbamente. Come le ho detto non abbiamo nemmeno un pezzo di carta, se non centinaia di email scambiate in tutti questi anni.
Quel che vorremmo ora capire e’ se tutte le rivendicazioni da loro fatte sono legali. Se quindi siamo costretti a pagare per svincolarci da loro, sperando vogliano poi lasciarci liberi di contattare un'altra agenzia!!"
 

Gentile Giorgio,
potrò apparire retorico, ma in un rapporto di fornitura di servizi web è sempre bene definire contrattualmente la regolamentazione del rapporto, così come diritti e doveri nascenti tra le parti. E tanto più a che titolo il fornitore del servizio -che sia un provider o un semplice intermediario come una web agency- è delegato a porre in essere specifiche attività, così come a registrare o attivare servizi o accounts di qualsiasi tipo, strumentali alla fornitura offerta.

Giusto per sfatare qualche erronea convinzione abbastanza radicata in materia, va anche precisato che l’assenza di un testo contrattuale non riconosce automaticamente a chi ci eroga un servizio i poteri e le libertà più ampi verso il committente, tanto più che un contratto di fornitura di servizi web ha spesso come oggetto un’attività a contenuto creativo. Si pensi ad esempio ai diritti patrimoniali d’autore (in sostanza allo sfruttamento economico dei contenuti destinati al sito), la cui titolarità, nel silenzio delle parti, per quel che concerne la prestazione d’opera "creativa" sarebbe riconosciuta per legge e pacifica giurisprudenza in linea generale proprio in capo al committente. Le eccezioni ci sarebbero e vanno certamente valutate caso per caso, ma tanto basta perché il fornitore del servizio non possa arrogarsi in partenza alcunché.

Analogamente, sempre nell’intento di sfatare un altro luogo comune, registrare un nome a dominio per conto di terzi non comporta l’automatica "appropriazione" dello stesso da parte del fornitore o dell’intermediario fornitore. Certamente è bene per il titolare dell’attività (e si presume del marchio a monte) regolarizzare per iscritto tale aspetto, anche con un semplice scambio di e-mail e chiarire che come "registrant" dovrà comparire il titolare effettivo del sito. Ma che un web master o una web agency sia convinta di poter fare quel che vuole col dominio di altri, anche di fronte a un cliente inadempiente, è una convinzione giuridicamente errata, che apre al cospetto dei primi uno scenario tutt’altro che sereno: in primis sotto il profilo delle pretese risarcitorie avanzabili dal cliente, in secondo luogo ma non meno grave, delle fattispecie penali che si configurerebbero a carico di chi si è intestato "furbamente" il nome a dominio come "registrant" sottacendolo magari al cliente finale e minacciando per ritorsione di non traferirlo. Cliente, lo ricordo, che resta di fatto comunque l’originario mandante per tutte le operazioni di attivazione dei servizi connessi alla piattaforma.

Come è facile comprendere, quella del rapporto tra web agency e cliente è una delle matasse contrattuali più spinose e poliedriche per chi opera in Rete, ma anche per gli stessi avvocati chiamati a dipanare le stesse.

Avendo negli anni assistito come avvocato entrambe le categorie, ossia in talune vertenze chi operava come fornitore di servizi e contenuti Web, in altre le imprese che se ne avvalevano, posso dire che il nodo più critico tra tutti resta quello delle modalità e termini di utilizzo del software (CMS - content management system) su cui poggia l’intero sito / piattaforma e soprattutto della terminologia usata in relazione alla stessa fornitura. Spesso infatti, anche in presenza di un contratto scritto in modo non proprio cristallino nelle formule usate, chi commissiona la realizzazione di un sito Internet è convinto di "acquistare" materialmente qualcosa, per quanto la terminologia strida con la natura immateriale del bene oggetto della compravendita e quel che dispone poi il contratto.

E così nell’ingenuità iniziale di aver fatto un ottimo investimento e aver trovato una web agency dai prezzi davvero competitivi, si tralascia di ponderare adeguatamente cosa recita il contratto, per poi scoprire amaramente, a chiusura del rapporto, che chi ci ha fornito quello specifico servizio, in realtà non ci ha mai trasferito alcunché a titolo definitivo, limitandosi a concedere al cliente magari semplicemente una licenza d’uso a tempo, circoscritta per di più al solo software, a uno specifico template grafico e a tutta una serie di files e funzionalità che -fatta esclusione per quanto messo a disposizione dal cliente- rimangono sostanzialmente nella sola titolarità materiale del licenziante, secondo limiti e modalità stabiliti contrattualmente.

Non solo, a volte chi offre specifici servizi lo fa con pretese e rivendicazioni che neanche gli spetterebbero pur in presenza di un contratto scritto. E qui la casistica ha dell’incredibile, basti pensare ai tanti content managers e content writers che raccolgono testi e immagini dal Web rimarchiandoli e rivendendoli come propri, nascondendo il tutto anche al cliente finale, che magari poi si vede recapitare dopo mesi o anni una diffida dal legittimo titolare e autore delle opere.

Chiudendo pertanto la risposta legata al quesito posto dal nostro cliente, certamente le rivendicazioni avanzate dal fornitore di servizi, in assenza di un accordo scritto, non possono ritenersi totalmente o scontatamente fondate. Ma anche in presenza di un "pezzo di carta" (a voler usare l’espressione gergale di Giorgio) sottoscritto da entrambe le parti, non è detto che tutti i profili regolamentati a favore dell’una o dell’altra parte, abbiano poi una validità giuridica. Ogni circostanza va indubbiamente valutata a sé e ogni rapporto contrattuale singolarmente ponderato, anche alle luce delle originarie intenzioni delle parti e dell’evoluzione del rapporto nel tempo.

Avv. Rocco Gianluca Massa


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